SE VUOI, PUOI E BIDIBI BODIBI BU
Cose che non riesco a tollerare: la favola del "se vuoi, puoi".
Sono sempre più diffuse le testimonianze, addirittura libri e racconti di persone che si sono svegliate una mattina e hanno deciso di rivoluzionare la propria esistenza e semplicemente ce l'hanno fatta.
La trovo una visione troppo semplicistica, distopica e approssimativa della realtà.
E fin troppo ENTUSIASTA.
Anche perchè nel 99% dei casi questo cambio corrisponde a prendere la valigia, salutare tutti e trasferirsi per un periodo in Asia o posti simili.
PS per il mio gatto: tranquillo Filippo, non vado da nessuna parte.
Ciò può sicuramente scatenare qualcosa di positivo, in quanto tante persone potrebbero sentirsi ispirate a prendere in mano la propria vita e condurla da qualche altra parte, su questo non voglio discutere.
Informatevi prima se c'è ancora posto in Thailandia o Indonesia per smart workers.
D'altra parte, c'è chi potrebbe sentirsi sminuito, non capace, non in grado di cambiare le cose che non vanno o che causano noia e monotonia.
In fondo, un cambio vita così radicale richiede davvero molti sforzi e molti aspetti da considerare, non si tratta di cambiare supermercato dove fare la spesa (che per me è durissima come cosa).
Si potrebbe inoltre iniziare a vedere la propria vita in un modo critico e negativo, da quanto spesso certi cambi di vita sembrino oro colato e la chiave per raggiungere la tanto agognata felicità.
Mi state forse dicendo che la mia vita fatta di amici, lavoro, sport e viaggi potrebbe fare così schifo? Dovrei esserne costantemente annoiata?
Forse è proprio il caso di viaggiare, per renderci conto di quanta fortuna abbiamo ad avere una monotonia.
Di fondo credo ci sia una insoddisfazione di base, tanto per iniziare.
Compariamo costantemente la nostra vita a quella degli altri, tornando al concetto dell'erba sempre più verde del nostro vicino di Instagram.
Sogniamo tutti di poter lavorare in smart working direttamente da una spiaggia alle Maldive o poterlo semplicemente fare spostandoci continuamente così da poter viaggiare, ma lo vorremmo davvero? Non stiamo forse solo scappando?
La natura umana penso sia quella della ricerca in ogni caso di una stabilità, di un centro, di quelle (anche solo due) persone alle quali poterci affidare e con le quali passare del tempo, non parlo per forza di relazioni e matrimoni.
Siamo animali sociali, per quanto ti sposti... cercheresti comunque qualcuno col quale passare le tue giornate e condividere i tuoi pensieri.
Quindi seriamente "abbandoneresti" quello che hai creato qui con così leggerezza?
Quando si dice "mollerei tutto per andarmene" lo faresti davvero? Sappiamo davvero cosa significa?
Sono sempre stata una da grandi obiettivi per poter avere quotidianamente un motivo per alzarmi dal letto: macchina nuova, casa nuova, cambio lavoro, un viaggio programmato e uno da programmare.
Finché non mi sono trovata anche io nella "monotonia": casa acquistata, relazione consolidata, lavoro cambiato e i viaggi organizzati e da organizzare non bastavano più.
Anche io ho guardato con occhi sognanti il famoso "cambio vita", pur non sapendo cosa potesse significare per me cambiare vita, sono una persona che cerca i cambiamenti ma ama la propria quotidianità e stabilità, quindi come se ne esce da questo tunnel?
La mia psicologa mi ha fatto ragionare su una cosa: e se non fosse monotonia ma semplicemente il condurre una vita da adulti, dove non per forza ci sono sempre acquisti di auto, case o grandi progetti?
Se il mio malessere quotidiano fosse dettato dalla non accettazione di questo inevitabile processo?
Che dire: è così.
Ma per risolverlo senza per forza mollare tutto e tutti e andare a vivere in Patagonia come si fa?
Semplice (ma non troppo), mini obiettivi quotidiani: nuove ricette culinarie, un nuovo sport da provare, un libro fuori dai nostri schemi, le gite al week-end in posti vicini ma sconosciuti.
Insomma, modificare a partire da qui, a partire da noi, la nostra esistenza.
Funziona? Per ora sì.
Se sei insoddisfatto qui, lo saresti anche in Giappone, con l'aggiunta che non conosceresti la lingua per poterlo esprimere a qualcuno.
NB. Triste in giapponese in caso si dice così: 悲しい
Sono d'accordo sul viaggiare, sullo spostarsi, purchè non si tratti di scappare, dato che le tue ansie, preoccupazioni, paure, agonie... sanno benissimo dove venirti a trovare.
Concludendo, se vuoi, puoi... certo, ma cosa vuoi davvero?
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